BCE aumenta ancora ma cambia strategia
Come da attese, ieri la BCE ha aumentato il tasso di riferimento di altri 75 punti base, apportando anche un paio di modifiche alla dichiarazione. Nei particolari la BCE ha aggiunto che "ha compiuto progressi sostanziali con la policy nel ritiro dell'accomodamento" e ha omesso dal comunicato l'indicazione secondo cui la BCE prevede un rialzo "nel corso delle prossime riunioni". Lo sappiamo che la BCE dell'era Lagarde ha problemi di comunicazione ed infatti anche stavolta è stata una catastrofe con i mercati che hanno subito letto questi cambiamenti come una svolta dovish.
Ovviamente non è questo che Lagarde voleva comunicare ma neanche ha commentato l'interpretazione errata ricevuta dai mercati, limitandosi a dire "Dobbiamo fare quello che dobbiamo fare. Il nostro compito è la stabilità dei prezzi. I mercati devono fare quello che devono fare". Insomma, addio alla forward guidance.
Le aspettative di aumento alle prossima riunione sono scese da 75bp a poco più di mezzo punto, mentre sono scattati acquisti sui bond con la conseguente discesa dei rendimenti su tutti i fronti. In realtà sarà ben difficile che Francoforte freni sulla lotta all'inflazione, sopratutto dopo i dati di stamattina che confermano la forte crescita dei prezzi in Germania e con l'inflazione italiana che supera ufficialmente quella del Regno Unito stampando un bel +11.9% anno su anno; possiamo solo immaginare quella reale quanto sarà.
Otre l'inflazione, la crisi del debito
Sempre ieri abbiamo visto collassare i titoli azionari di Amazon e META (Facebook), entrambi crollati di oltre il 20% in un'unica seduta. Le mega-cap tecnologiche vanno di pari passo con l'economia statunitense perchè sono così grandi da essere l'economia statunitense. Ora l'economia USA sta rallentando, come dimostrato dai dati PMI, dalle indagini regionali e dai dati immobiliari, inoltre le loro azioni erano scambiate a multipli troppo elevati.
In questa fase il fattore che ha più influenzato i corsi azionari sono stati i tassi di rendimento dei Treasury, a tassi più alti hanno corrisposto multipli più bassi. Se, da qui in poi dovesse arrivare un'inversione di tendenza dei tassi (e attenzione che abbiamo detto "se"; secondo noi non sarà così), potremmo vedere i multipli rialzarsi.
In realtà crediamo che, come nel 2008 quando i mutui subprime bloccarono il credito immobiliare facendo crollare il mercato, questa volta a bloccarsi potrebbe essere il mercato dei Treasury da 27 trilioni di dollari, praticamente una bomba H. Poichè se da sempre le obbligazioni sono state considerate un porto sicuro, in questo 2022 hanno subìto il maggior ribasso degli ultimi 100 anni. L'emissione di debito non è un problema finchè i tassi di interesse rimangono abbastanza bassi da sostenere i consumi e c'è un acquirente per il debito, ma quando i tassi aumentano riducono il numero di mutuatari disposti a contrarre un prestito e gli acquirenti del debito si oppongono al calo dei prezzi.
Per questo, recentemente, il segretario al Tesoro Yellen ha dichiarato: "Siamo preoccupati per la perdita di un'adeguata liquidità nel mercato obbligazionario".
Il Fed pivot è ancora lontano?
La Fed ha dichiarato che la sua preoccupazione primaria rimane l'inflazione, arrivata pericolosamente al 8.5%. L'unico risultato della lotta all'inflazione della Fed è, attualmente, il calo dei prezzi dell'energia, ma se i prezzi dell'energia dovessero iniziare a risalire al FOMC verrebbe a mancare l'unica giustificazione per un eventuale rallentamento della stretta monetaria.
In realtà la Fed è costretta a fare altri due aumenti di 75bp a novembre e a dicembre, quindi per un Fed pivot saremo costretti ad aspettare l'anno venturo, con l'ovvia continuazione della discesa del mercato azionario. Quest'ultimo sta vivendo un periodo di grazia per merito della speranza del pivot vicino della Fed che è sì cavalcata da retail e istituzionali, ma con opzioni a scadenza intraday. Oggi, il 40% del totale delle opzioni tradate hanno scadenza ad 1 giorno e quasi il 90% di queste appartengono agli istituzionali. Il prossimo 2 novembre la Fed causerà molta delusione.
Analisi macro - ciclica: dove andranno i prezzi?
La seconda parte di ottobre non sta andando proprio come ce la aspettavamo, i prezzi hanno mancato la finestra temporale per aggiornare i minimi. Il mercato sta continuando lo short squeeze iniziato dopo il nuovo minimo segnato dal S&P500 il 13 ottobre. Come detto poc'anzi, questo rimbalzo è guidato da opzioni intraday, situazione molto remota e quindi difficilmente prevedibile, che ha portato i prezzi a contatto con le prime resistenze di area 3900 per S&P500 mini e area 13200 per DAX.
Il mercato in intraday è talmente forte che gamba 4 di chiusura ciclo weekly del 25 ottobre è appena percettibile, così come gamba 2 di ieri del nuovo ciclo settimanale in corso. Tanto che stamattina è subito iniziata gamba 3 con i prezzi che stanno ritestando le aree di open interest, oltre le quali scatteranno i long dei fondi e dei CTA.
Nel breve il mercato è rialzista, anche se va fatta attenzione perchè, al momento non vediamo molti posizionamenti di medio termine, crediamo che l'attuale fase durerà ancora qualcosa seduta o poco più, forse spartiacque sarà proprio la conferenza di Powell, mentre il ciclo settimanale andrà in chiusura intorno alla seduta di venerdì 4 novembre.
Di seguito i livelli volumetrici:
S&P500 mini
4000
3900
3813
3742
3635
3600
3544
3395
DAX
13600
13225
13165
13060
12955
12840
12760
12640
12430
12272
12110
11950
11680
11210
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Questa previsione è redatta il 28 ottobre con i dati disponibili al momento.
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